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Il mondo dei fatti ed il mondo delle possibilità

(Estratto)

di J.G.Bennett

Visto che parlerò molto delle “possibilità” questa sera, vorrei che comprendeste che con questa parola intendo qualcosa che esiste realmente ed è presente qui e ora, anche se non possiamo né vederlo né toccarlo, neppure pensarlo o conoscerlo. Il mondo delle possibilità è reale tanto quanto il mondo dei fatti. Anzi, come vi tenterò di spiegare in seguito, è un mondo ancora più concreto del mondo dei fatti: sia perché non cambia né svanisce, come i fatti, e sia perché è molto più ricco in ciò che contiene.Esistono due mondi. Uno è il mondo dei fatti e l’altro il mondo delle possibilità. Nel mondo dei fatti, non ci sono le possibilità; nel mondo delle possibilità, non ci sono fatti. E’ molto difficile comprendere la verità che le possibilità esistono indipendentemente dai fatti e che possono anche avere potere sui fatti. La scienza, per esempio, pensa di occuparsi solo dello studio dei fatti, ma in realtà non può allontanarsi dalle possibilità. In una della più straordinarie branche della scienza nella quale sono state fatte grandi scoperte durante lo scorso secolo, cioè l’embriologia, tutto indica la presenza di un invisibile fattore che determina il modo in cui una pianta o un animale si forma dal seme. Questo è lo schema delle sue possibilità, e questo schema è sempre presente. Il suo effetto può essere studiato concretamente e con molta precisione nello sviluppo dell’embrione. È solo attraverso questo schema che dei tessuti danneggiati o addirittura interi organi possono essere rigenerati. È questo schema che mantiene ogni pianta o animale all’interno della cornice della sua specie. Se proviamo a pensare a questo schema in termini di ‘fatti’ ci perdiamo, ma ci perdiamo ugualmente se lo pensiamo come qualcosa di immateriale, una mera ‘tendenza’, oppure, come alcuni lo chiamerebbero, una forza vitale o spirituale. Lo schema delle possibilità è concreto quanto quello del corpo, ma è costituito, come ho detto la scorsa settimana, di energia potenziale invece che di energia in forma visibile. Ecco perché quando parlo di due mondi, parlo di due modi di esistenza concreti e reali, molto diversi tra loro, ma ciascuno ugualmente necessario ai fini della nostra comprensione. Tra i due c’è un confine, una frontiera, ed è aldilà di questa frontiera che può aver luogo uno scambio ed è proprio oltre questa frontiera che ‘sì’ e ‘no’ possono significare veramente qualcosa. Che cosa significa essere in presenza di possibilità? Ho detto, che posso scegliere tra girare la mia testa a destra o a sinistra, se mi è possibile fare entrambe le cose. Ma quand’è che ciò è possibile ? È possibile quando sono consapevole che qualcosa mi tira da questa parte e qualcos’altro mi tira dall’altra. Se non sono consapevole di questo, quello che accadrà non avrà nulla a che fare con me, avrà solo a che fare con il lavoro delle mie funzioni. Io sono presente nella misura in cui faccio esperienza della presenza delle possibilità.

 Essere consapevoli e avere possibilità sono due cose diverse? Probabilmente risponderete “ Sì, si può essere consapevoli senza le possibilità e ci possono essere possibilità senza esserne consapevoli”. No, io vi dico che non è così. Non c’è separazione tra consapevolezza e possibilità. La consapevolezza è indistinguibile dalla presenza delle possibilità. La non consapevolezza è la stessa cosa dell’assenza di possibilità.

 Quando sto dormendo non posso, eccetto in misura molto limitata, adattarmi a ciò che accade intorno a me. Le mie possibilità si riducono fino a divenire solo la mia esistenza vegetativa. Il mio corpo continua a funzionare come organismo. Questa grande riduzione delle possibilità è un cambio di consapevolezza. Non appena le possibilità si riducono, la consapevolezza si riduce con loro. Quando le possibilità si aprono nuovamente, la consapevolezza riappare. Questo è qualcosa che dovete osservare e verificare voi stessi perché, probabilmente, vi sarete abituati a usare la parola ‘consapevolezza’ nel senso di ‘sapere’ ciò che accade. Guardando con più cura vediamo che, pur sapendo ciò che sta accadendo, possiamo non esserne consapevoli. Noi facciamo tutto il tempo cose che non sarebbero possibili se non sapessimo ciò che accade e tuttavia non ne siamo consapevoli. Questa è una semplice verità che tutti noi possiamo verificare ogni volta che vogliamo, ed è ciò che dovremmo fare perché è la via per la comprensione di qualcosa di veramente importante per noi. Nel linguaggio di Gurdjieff tutto ciò sta a significare che siamo ‘addormentati’ e che viviamo la nostra vita quasi interamente nel sonno.

Copyright

The Estate of JB and Elizabeth Bennett


Conoscenza ed osservazione di sé

ESTRATTO DA “FRAMMENTI DI UN INSEGNAMENTO SCONOSCIUTO” di P.D.Ouspensky

Come può l’uomo essere indipendente dalle influenze esteriori, dalle grandi forze cosmiche, quando è schiavo di tutto ciò che lo circonda? Egli è in balia di tutte le cose intorno a lui. Se fosse capace di liberarsi dalle cose, potrebbe anche liberarsi dalle influenze planetarie. “Libertà, liberazione. Questo deve essere lo scopo dell’uomo. Diventare libero, sfuggire alla schiavitù — ecco ciò per cui un uomo dovrebbe lottare allorché è diventato, anche solo un poco, cosciente della sua situazione. Questa è la sola via d’uscita per lui, poiché nient’altro è possibile finché resta uno schiavo, interiormente ed esteriormente. Ma non può cessare d’essere schiavo esteriormente finché resta schiavo interiormente. Così, per diventare libero, deve conquistare la libertà interiore. “La prima ragione della schiavitù interiore dell’uomo è la sua ignoranza, e, soprattutto l’ignoranza di sé stesso. Senza la conoscenza di sé, senza la comprensione del moto e delle funzioni della sua macchina, l’uomo non può essere libero, non può governarsi e resterà sempre uno schiavo, in balia delle forze che agiscono su di lui. “Ecco perché, negli insegnamenti antichi, la prima richiesta a chi si metteva sulla via della liberazione, era: ‘Conosci te stesso’ “.

“Queste parole, disse G., che sono generalmente attribuite a Socrate, si trovano alla base di parecchie dottrine e scuole molto più antiche della scuola socratica. Ma benché il pensiero moderno non ignori l’esistenza di questo principio, non ha che un’idea molto vaga del suo significato e della sua portata. L’uomo ordinario del nostro tempo, anche se si interessa alla filosofia o alle scienze, non comprende che il principio ‘Conosci te stesso’ si riferisce alla necessità di conoscere la propria macchina, la ‘macchina umana’. La struttura della macchina è più o meno la stessa in tutti gli uomini; è quindi questa struttura che l’uomo deve per prima cosa studiare, cioè le funzioni e le leggi del suo organismo. “Il principio ‘Conosci te stesso’ ha un contenuto molto ricco. Esso richiede in primo luogo, all’uomo che vuole conoscersi, di comprendere ciò che questo significa, in quale insieme di relazioni s’inscriva questa conoscenza e da che cosa essa necessariamente dipenda.

“La conoscenza di sé è uno scopo molto alto, ma molto vago e distante. L’uomo nel suo stato attuale è molto lontano dalla conoscenza di sé. Questa è la ragione per cui, rigorosamente parlando, lo scopo di un uomo non può essere definito la conoscenza di sé. Il suo grande scopo deve essere lo studio di sé. Per lui sarà ampiamente sufficiente comprendere che deve studiare sé stesso. Ecco lo scopo dell’uomo: cominciare a studiare sé stesso, conoscere sé stesso, nel modo più giusto. “Lo studio di sé è il lavoro, o la via, che conduce alla conoscenza di sé. “Ma per studiare sé stessi, occorre innanzitutto imparare come studiare, da dove cominciare, quali mezzi impiegare. Un uomo deve imparare come studiare sé stesso, deve imparare i metodi dello studio di sé. “Il metodo fondamentale per lo studio di sé è l’osservazione di sé. Senza una osservazione di sé eseguita in modo corretto, un uomo non comprenderà mai come le diverse funzioni della sua macchina siano collegate e in correlazione tra loro, non comprenderà mai come e perché, in lui, ‘tutto accade’.

“Vi sono due metodi di osservazione di sé: il primo è l’analisi, o i tentativi di analisi, cioè i tentativi di trovare una risposta a queste domande: Da che dipende tale cosa, e perché si verifica? Il secondo è il metodo delle constatazioni, che consiste semplicemente nel registrare nella propria mente tutto ciò che si osserva nel momento presente. “L’osservazione di sé, soprattutto all’inizio, non deve con nessun pretesto diventare analisi, o tentativo di analisi. Prima di poter analizzare i fenomeni anche più elementari, un uomo deve accumulare sufficiente materiale sotto forma di ‘registrazioni’. Le registrazioni, risultato di una osservazione diretta di ciò che avviene in un determinato momento, sono il materiale più importante nello studio di sé. Quando le registrazioni siano state raccolte in numero sufficiente e al tempo stesso le leggi siano state studiate e comprese fino a un certo punto, allora l’analisi diventa possibile.

“Quante volte mi avete domandato se non sarebbe possibile arrestare le guerre? Certamente, sarebbe possibile. Basterebbe che la gente si svegliasse. Sembra una cosa da nulla. Non vi è nulla, invece, di più difficile, perché il sonno è indotto e mantenuto dall’intera vita circostante, da tutte le condizioni dell’ambiente. “Come svegliarsi? Come sfuggire a questo sonno? Queste domande sono le più importanti, le più vitali che un uomo si possa porre. Ma prima di porsele, egli dovrà convincersi del fatto stesso del suo sonno. E gli sarà possibile convincersene solo tentando di svegliarsi. Quando avrà compreso che non si ricorda mai di sé stesso, e che il ricordarsi di sé significa risvegliarsi fino ad un certo grado, e quando avrà visto per esperienza quanto sia difficile ricordarsi di sé, allora comprenderà che per svegliarsi non basta desiderarlo. Più rigorosamente, diremo che un uomo non può svegliarsi da sé. Ma se venti uomini si mettono d’accordo e stabiliscono che il primo di essi che si sveglierà, sveglierà gli altri, essi hanno già una possibilità. Tuttavia, anche questo è insufficiente, perché questi venti uomini possono dormire nello stesso tempo e sognare di svegliarsi. Dunque è necessario qualcosa di più. Questi venti uomini devono essere sorvegliati da un uomo che non sia addormentato o che non si addormenti così facilmente come gli altri, o che si metta coscientemente a dormire quando ciò è possibile, quando non può risultarne alcun male né per lui, né per gli altri. Essi devono trovare un tale uomo e accaparrarselo, affinché li svegli e impedisca loro di ricadere nel sonno. Senza questa condizione, è impossibile svegliarsi. Questo bisogna comprenderlo.

“È possibile pensare per migliaia di anni, è possibile scrivere biblioteche intere, inventare teorie a milioni e tutto questo nel sonno, senza alcuna possibilità di risveglio. Al contrario, queste teorie e questi libri inventati e scritti da gente addormentata, avranno semplicemente l’effetto di trascinare altri uomini nel sonno, e così di seguito. “Non vi è niente di nuovo nell’idea del sonno. Fin dalla creazione del mondo, è stato detto agli uomini che essi erano addormentati e che dovevano svegliarsi. Per esempio, quante volte leggiamo nei Vangeli: ‘Svegliatevi’, Vegliate’, ‘non dormite’. I discepoli del Cristo, persino nel Giardino di Getsemani, mentre il loro Maestro pregava per l’ultima volta, dormivano. Questo dice tutto. Ma gli uomini lo comprendono? Essi considerano ciò una figura retorica, una metafora. Non vedono affatto che deve essere preso alla lettera. E di nuovo è facile capire perché. Per prenderlo alla lettera occorrerebbe svegliarsi un po’, o per lo meno tentare di svegliarsi. Mi è stato sovente chiesto, seriamente, perché i Vangeli non parlano mai del sonno, mentre se ne parla in ogni pagina. Ciò dimostra semplicemente che la gente legge il Vangelo dormendo.

“Fintante che un uomo è in un sonno profondo, interamente sommerso dai suoi sogni, non può neppure pensare di essere addormentato. Se potesse pensare di essere addormentato, si sveglierebbe. E così vanno le cose, senza che gli uomini abbiano la minima idea di tutto quel che perdono a causa del loro sonno. Come ho già detto, l’uomo, così come è, così come la natura lo ha creato, può diventare un essere cosciente di sé. Creato a questo scopo, nasce per questo scopo. Ma egli nasce fra gente addormentata e, naturalmente, cade a sua volta in un sonno profondo, proprio nel momento in cui dovrebbe incominciare a prendere coscienza di sé. Ogni cosa vi ha parte: l’involontaria imitazione degli adulti da parte del bambino, le suggestioni volontarie o involontarie e la cosiddetta ‘educazione’. Ogni tentativo di risveglio da parte del bambino è stroncato sul nascere. È inevitabile. Quanti sforzi più tardi per svegliarsi! E di quanto aiuto si avrà bisogno allorquando migliaia di abitudini, che spingono al sonno, saranno state accumulate. “Le possibilità dell’uomo sono immense. Non potete neppure farvi un’idea di ciò che un uomo è capace di raggiungere. Ma nel sonno nulla può essere raggiunto. Nella coscienza di un uomo addormentato, le sue illusioni, i suoi ‘sogni’, si mescolano alla realtà. L’uomo vive in un mondo soggettivo al quale gli è impossibile sfuggire. Ecco perché non può mai fare uso di tutti i poteri che possiede e vive sempre soltanto in una piccola parte di sé stesso.

“È già stato detto che lo studio di sé e l’osservazione di sé, se condotti in modo corretto, portano l’uomo a rendersi conto che vi è ‘qualche cosa di sbagliato, nella sua macchina e nelle sue funzioni, nel loro stato ordinario. Egli capisce che, proprio perché è addormentato, vive e lavora solo in una piccola parte di sé. Capisce che per la stessa ragione la maggior parte delle sue possibilità restano non realizzate e la maggior parte dei suoi poteri, non utilizzati. Egli sente di non ricavare dalla vita tutto ciò che essa potrebbe dargli, e che la sua incapacità dipende da certi difetti funzionali della sua macchina, del suo apparecchio ricevente. L’idea dello studio di sé acquista ai suoi occhi un significato nuovo. Egli sente che forse non vale neppure la pena di studiarsi così com’è ora. Vede ogni funzione nel suo stato attuale, e come potrebbe o dovrebbe diventare. L’osservazione di sé induce l’uomo a riconoscere la necessità di cambiare. Praticandola, egli si rende conto che il solo fatto di osservare sé stesso produce certi cambiamenti nei suoi processi interiori. Comincia a capire che l’osservazione di sé è per lui un mezzo per cambiare, uno strumento di risveglio. Osservando sé stesso, egli proietta in qualche modo un raggio di luce sui suoi processi interiori, che fino ad allora si erano effettuati in un’oscurità pressoché totale. E, sotto l’influenza di questa luce, tali processi cominciano a cambiare. Vi sono un gran numero di processi chimici che possono aver luogo soltanto in mancanza di luce. Esattamente nello stesso modo, un gran numero di processi psichici possono aver luogo soltanto nell’oscurità. Anche un barlume di coscienza è sufficiente a cambiare completamente il carattere dei processi abituali e rendere impossibile un gran numero di essi. I nostri processi psichici (la nostra alchimia interiore) hanno molti punti in comune con questi processi chimici nei quali la luce cambia il carattere del processo, e sono soggetti a leggi analoghe.

E per cominciare l’osservazione di sé e lo studio di sé, è indispensabile imparare a dividersi. L’uomo deve rendersi conto che in realtà è composto da due uomini. Ricordatevi ciò che è stato detto prima: l’osservazione di sé conduce un uomo alla constatazione del fatto che egli non si ricorda di sé. La sua impotenza a ricordarsi di sé è uno dei tratti più caratteristici del suo essere e la vera causa di tutto il suo comportamento. Questa impotenza si manifesta in mille modi. Egli non ricorda le sue decisioni, non ricorda la parola che ha dato a sé stesso, non ricorda ciò che ha detto o provato un mese, una settimana, un giorno o soltanto un’ora addietro. Inizia un lavoro, e dopo un certo lasso di tempo dimentica perché l’ha cominciato. È soprattutto nel lavoro su di sé, che questo fenomeno si produce con una frequenza del tutto particolare. Un uomo non può ricordare una promessa fatta ad altri se non con l’aiuto di associazioni artificiali, di associazioni educate in lui, le quali, a loro volta, si associano a ogni genere di concezioni, anche queste create artificialmente, quali 1′ ‘onore’, l ‘onestà’, il ‘dovere’ e così via. Parlando in generale, si può affermare con certezza che per una cosa che l’uomo ricorda, ve ne sono sempre dieci, ben più importanti, che dimentica. “Per questo, le sue opinioni e i suoi punti di vista sono privi di qualsiasi stabilità e precisione. L’uomo non ricorda ciò che ha pensato o detto; e non ricorda come ha pensato o come ha parlato. “Ciò è, a sua volta, in rapporto con una delle caratteristiche fondamentali dell’atteggiamento dell’uomo verso sé stesso e verso gli altri, vale a dire: la sua costante ‘identificazione’ a tutto ciò che prende la sua attenzione, i suoi pensieri o i suoi desideri, e la sua immaginazione.

“L’ ‘identificazione’ è una caratteristica talmente comune, che nell’intento di osservare sé stessi, è difficile separarla da altre cose. L’uomo è sempre in stato di identificazione, ciò che cambia è solo l’oggetto della sua identificazione. “L’uomo si identifica con un piccolo problema che trova sul suo cammino e dimentica completamente i grandi scopi che si proponeva all’inizio del suo lavoro. Si identifica con un pensiero e dimentica tutti gli altri. Si identifica con una emozione, con un umore, e dimentica gli altri suoi sentimenti più profondi. Lavorando su di sé, le persone si identificano talmente con scopi isolati da perdere di vista l’insieme. I pochi alberi più vicini finiscono per rappresentare, per loro, tutta la foresta. “L’identificazione è il nostro nemico più terribile, perché penetra ovunque e ci inganna proprio nel momento in cui crediamo di lottare contro di essa. Se ci è tanto difficile liberarci dalla identificazione, è perché ci identifichiamo più facilmente con le cose a cui siamo maggiormente interessati, quelle alle quali diamo tutto il nostro tempo, il nostro lavoro e la nostra attenzione. Per liberarsi dall’identificazione, l’uomo deve stare costantemente in guardia ed essere inflessibile verso sé stesso: non deve aver paura di smascherare tutte le sue forme più sottili e nascoste. “L’identificazione è l’ostacolo principale al ricordarsi di sé. Un uomo che si identifica è incapace di ricordarsi di sé stesso. Per potersi ricordare di sé, occorre per prima cosa non identificarsi. Ma per imparare a non identificarsi, l’uomo deve innanzi tutto non identificarsi con sé stesso, non chiamare sé stesso ‘io’ sempre e in tutte le occasioni. Egli deve ricordarsi che in lui sono due, che c’è lui stesso, cioè ‘Io’ in lui, e un altro, con il quale deve lottare e che deve vincere se desidera raggiungere qualcosa. Fin quando un uomo si identifica o è suscettibile di identificarsi, è schiavo di tutto ciò che può accadergli. La libertà significa innanzi tutto: liberarsi dall’identificazione.


Differenza tra stato di sonno e stato di veglia

di J.G.BENNETT

 Denison House, 16 Luglio 1951

 (Estratto)

Quando ti svegli sarai consapevole del fatto che tu esisti. Se osservi te stesso, vedrai come raramente è presente in te qualcosa che corrisponde all’esperienza: “Io esisto, io sono presente qui e ora”. Potresti avere questa esperienza, ma in un primo momento sarà solo nella tua testa. Questo non è realmente essere svegli, si sta pensando di essere svegli. Tuttavia, è un inizio. Capire la differenza tra stato di sonno e stato di veglia, è una delle basi su cui si fonda tutto il lavoro su noi stessi. Questa comprensione non può avvenire in una volta. Se si desidera raggiungerla, è necessario lottare per conservare l’esperienza interiore “io esisto – qui – ora!

 In un primo momento, questo è molto difficile. Per quanto si possa desiderare di ricordare, si dimenticherà quasi immediatamente. Il passo successivo è quello di capire perché non ti ricordi un fatto così semplice eppure così importante come la tua esistenza. Una ragione è che vivi sempre nelle tue associazioni. Questo è veramente uno stato di sogno. Nei sogni perdiamo il contatto con la nostra stessa esistenza. Se porti alla tua mente che stai cercando di essere sveglio, dovrai lottare ancora ed ancora per mantenerti nello stato in cui l’esperienza è presente: “Io esisto”. Se fai questo, vedrai che inizierai a ricordare più spesso, anche se probabilmente non sarai in grado di mantenerlo affatto meglio di prima. Potresti chiederti: “ Da dove proviene questo impulso che mi fa ricordare ? Di solito non ha nulla a che fare con le associazioni che sono in corso nella mia testa.” Da osservazioni di questo tipo, inizi a capire che sei solo consapevole, nella migliore delle ipotesi, di una piccola parte di te stesso. Inizierai a comprendere che cosa intende il nostro Insegnamento quando ci dice che non abbiamo uno, ma diversi cervelli. Vedrai che a volte i tuoi sentimenti, e talvolta anche la tua parte istintiva si svegliano, ma in modo assai diverso e piuttosto separato dal cervello della testa. Anch’essi possono avere l’esperienza che “io esisto”, ma ce l’hanno in un modo che e’ loro proprio. Quando sento che io esisto, non è nella mia testa, ma nel mio petto che ne ho esperienza. Quando il mio cervello istintivo comincia a svegliarsi, è attraverso le sensazioni, e sono consapevole della mia esistenza nella sensazione del mio corpo. In seguito, vedrai che per essere sveglio, nel vero senso della parola, tutti e tre i cervelli devono svegliarsi, e poi scoprirai anche come puoi rimanere sveglio. Ti renderai conto che un cervello non può mai rimanere sveglio da solo.

Nel frattempo, devi provare molto duramente a capire cosa si intende nel dire che viviamo tutto il tempo nei sogni. Tu quasi mai hai una percezione diretta di una qualsiasi cosa. Mi hai sentito dire che a malapena hai mai visto nulla, sentito nulla, toccato qualcosa. Puoi mangiare un pasto e non avere la percezione diretta di ciò che stai mangiando o che cosa significa mangiare. Puoi camminare attraverso i campi e guardare le colline e il cielo, e non avere la percezione diretta di ciò che stai vedendo. Come ti dico questo, puoi rivoltarti interiormente e dire a te stesso: “No, non è vero. Quando sono in campagna, gioisco della natura, provo tutta la sua bellezza e freschezza. “Tutto questo è opera vuota. Nulla di tutto ciò succede veramente. Sogni sulla Natura e su come è meravigliosa, ma non vedi o fai esperienza di nulla. Perché posso dire questo? Perché è il modo in cui le cose avvengono nel sonno, e so che tu sei addormentato, sia che ti siedi qui e mi ascolti, sia che vai a fare una passeggiata in campagna. Di questo non ti rendi conto. Devi osservarlo e realizzarlo in prima persona. Tutto quello che ti succede è un sogno. Perché? Perché non c’è niente in te che è in grado di non sognare. Non c’è niente in te che è in grado di essere sveglio. Questo è ciò che devi comprendere e realizzare per te stesso. Quando lo fai, tutto comincerà a cambiare, e anche il tuo futuro potrebbe essere diverso.