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Io chi sono?

di G.I.GURDJIEFF

Essentuki, 1918 circa

Affrontando vari argomenti, ho notato quanto è difficile comunicare la propria comprensione, anche quando si parla dell’argomento più comune e ci si rivolge a una persona ben conosciuta. Il nostro linguaggio è troppo povero per poter fornire delle descrizioni esatte e complete. E ho scoperto che questa mancanza di comprensione tra gli uomini è un fenomeno matematicamente regolato con la stessa precisione della tavola pitagorica. La comprensione dipende, in generale, dalla cosiddetta « psiche » degli interlocutori, e più in particolare dallo stato di questa « psiche » nel momento considerato.

L’esattezza di questa legge si può verificare a ogni passo. Per una reciproca comprensione, non è sufficiente che chi parla sappia come parlare, è anche necessario che chi ascolta sappia come ascoltare. Per questo motivo posso affermare che se parlassi nel modo che ritengo esatto, tutti coloro che sono qui, con pochissime eccezioni, penserebbero che sono pazzo. Ma dal momento che devo parlare a questo uditorio così com’è, e che i partecipanti mi devono seguire, occorre prima di tutto porre le basi per una comprensione comune.

Nel corso del nostro incontro dovremo fissare dei punti di riferimento affinché la conversazione risulti efficace. Per ora vorrei soltanto proporvi di provare a osservare le cose, i fenomeni che vi circondano, e soprattutto voi stessi, da un punto di vista diverso da quello che vi è abituale o naturale. Osservare soltanto, perché fare di più non è possibile se non con la volontà e la cooperazione dell’ascoltatore, quando esso smette di ascoltare passivamente e comincia a fare, cioè quando entra in uno stato attivo.

Molto spesso, parlando con la gente, sentiamo esprimere più o meno apertamente l’idea che l’uomo, così come l’incontriamo nella vita ordinaria, è in qualche modo il centro dell’universo, la « corona della creazione » o, per lo meno, un’entità grande e importante; che le sue possibilità sono quasi illimitate, e i suoi poteri quasi infiniti. Ma, contemporaneamente, vengono avanzate un certo numero di riserve: perché l’uomo sia così, si dice che occorrono delle condizioni eccezionali, delle circostanze speciali, l’ispirazione, la rivelazione, e così via.

Tuttavia, se studiamo questa concezione dell’uomo, ci accorgiamo subito che essa è costituita da un insieme di caratteristiche che non appartengono a un unico uomo, ma a più individui reali o immaginari. Nella vita reale non incontreremo mai un uomo del genere, né nel presente, né come personaggio storico del passato. Infatti ogni uomo ha le proprie debolezze e, se lo guardiamo da vicino, il miraggio di grandezza e di potenza svanisce.

D’altra parte, il fatto più interessante non è che gli uomini vedano gli altri attraverso questo miraggio, ma che, per una particolare caratteristica del loro psichismo, essi, come per riflesso, lo trasferiscano a se stessi e se l’attribuiscano; e se non proprio per la totalità, almeno in parte. Così, pur essendo delle nullità o quasi, essi immaginano di corrispondere a questo tipo collettivo, o di non esserne molto lontani.

Ma se un uomo sa essere sincero verso se stesso, non sincero come s’intende abitualmente, ma spietatamente sincero, allora, di fronte alla domanda: « Che cosa sei? » non conterà su una risposta rassicurante. E ora, senza aspettare che arriviate da soli all’esperienza di cui sto parlando, e perché possiate comprendere meglio ciò che intendo dire, vorrei suggerire a ciascuno di voi di porsi la domanda: « Che cosa sono? » Sono certo che il 95% di voi si troverà in imbarazzo, e che finirete per rispondervi con un’altra domanda: « Che cosa significa? »

Questa è la prova che un uomo ha vissuto tutta la vita senza porsi tale domanda, e che ritiene scontato di essere « qualcosa », addirittura qualcosa di molto prezioso che non è mai stato messo in dubbio. Nello stesso tempo egli è incapace di spiegare che cos’è questo qualcosa, incapace persino di darne una minima idea, dal momento ch’egli stesso l’ignora. E se l’ignora, non è forse perché questo « qualcosa » molto semplicemente non esiste, ma solamente si suppone che esista? Non è strano che le persone dedichino così poca attenzione a se stesse, alla conoscenza di se stesse? Non è strano che chiudano gli occhi con tanto sciocco compiacimento su ciò che sono realmente, e che passino la vita nella piacevole convinzione di rappresentare qualcosa di prezioso? Esse si dimenticano di guardare il vuoto insopportabile che si cela dietro la superba facciata creata dal loro autoinganno, e non si rendono conto che questa facciata ha un valore puramente convenzionale.

Per la verità, non è sempre così. Non tutti si guardano così superficialmente. Ci sono degli uomini che cercano, che hanno sete della verità profonda e si sforzano di trovarla, che tentano di risolvere i problemi posti dalla vita, di arrivare all’essenza delle cose, dei fenomeni, e di penetrare in se stessi. Se un uomo ragiona e pensa in modo corretto, qualunque strada segua per risolvere questi problemi, deve inevitabilmente ritornare a sé e cominciare a risolvere il problema di ciò che egli stesso rappresenta e di qual è il suo posto nel mondo che lo circonda. Infatti, senza questa conoscenza, la sua ricerca sarà priva di un centro di gravità. Le parole di Socrate: « Conosci te stesso » restano il motto di tutti coloro che cercano la vera conoscenza e l’essere. Ho appena usato una parola nuova: l’« essere ». Per garantirci che con questa parola intendiamo tutti la stessa cosa, sono necessarie delle spiegazioni.

Ci siamo appena chiesti se ciò che un uomo pensa di se stesso corrisponde a ciò che egli è in realtà, e voi vi siete interrogati su ciò che siete. Qui ci sono un medico, un ingegnere, un artista. Essi sono realmente ciò che noi pensiamo che siano? Possiamo ritenere che la personalità di ciascuno di essi sia assimilabile alla professione, all’esperienza che tramite la professione, o per la sua preparazione, essi hanno acquisito?

Ogni uomo viene al mondo simile a un foglio di carta bianca; ma le circostanze e le persone che gli stanno intorno fanno a gara per imbrattare questo foglio e per ricoprirlo di ogni genere di scritte. Ed ecco intervenire l’educazione, le lezioni di morale, il sapere che chiamiamo conoscenza, tutti i sentimenti di dovere, onore, coscienza ecc. E ogni educatore proclama il carattere immutabile e infallibile dei metodi ch’egli stesso utilizza per innestare questi rami all’albero della « personalità » umana. A poco a poco il foglio si macchia, e più è macchiato di pretese « conoscenze », più l’uomo è considerato intelligente. Più sono numerose le scritte nel posto chiamato « dovere », più il possessore è considerato onesto; e così via per ogni cosa. Il foglio così sporcato, accorgendosi che le macchie vengono scambiate per meriti, le considera preziose. Ecco un esempio di ciò che chiamiamo «uomo », cui aggiungiamo spesso delle parole come « talento » e « genio ». Eppure il nostro « genio » vedrà il suo umore guastarsi per tutto il giorno se al mattino, svegliandosi, non trova le pantofole accanto al letto.

L’uomo non è libero, tanto nelle sue manifestazioni che nella vita. Non può essere ciò che vorrebbe essere, e nemmeno ciò che crede di essere. Non somiglia all’immagine che ha di se stesso, e le parole « uomo, corona della creazione » non gli si adattano.

« Uomo »: una parola altisonante, ma dobbiamo chiederci di che tipo di uomo si tratta. Non certo l’uomo che si irrita per delle sciocchezze, che presta attenzione a delle meschinità si lascia coinvolgere da tutto ciò che gli succede intorno. Per avere il diritto di chiamarsi uomo, bisogna essere un uomo, e « essere un uomo » è possibile soltanto grazie alla conoscenza di sé, e al lavoro su di sé nella direzione indicata da tale conoscenza.

Avete mai provato a osservare ciò che vi succede quando la vostra attenzione non è concentrata su un problema preciso? Suppongo che per molti di voi questa sia una condizione abituale, sebbene ovviamente pochi l’abbiano osservata sistematicamente. Forse siete consapevoli del modo in cui il nostro pensiero procede per associazioni fortuite, quando sfilano scene e ricordi senza alcun rapporto, quando tutto ciò che cade nel campo della nostra coscienza, o semplicemente lo sfiora, ci suscita delle associazioni casuali. Il filo dei pensieri sembra svolgersi senza interruzione, tessendo insieme frammenti di immagini di precedenti percezioni, estratte da diverse registrazioni immagazzinate nella nostra memoria. E mentre queste registrazioni scorrono e si svolgono, il nostro apparato formatore tesse incessantemente la trama dei pensieri a partire da questo materiale. La registrazione delle nostre emozioni scorre nello stesso modo: piacevole e spiacevole, allegria e preoccupazione, riso e irritazione, piacere e dolore, simpatia e antipatia. Qualcuno vi loda, e voi siete contenti; qualcuno vi rimprovera, e il vostro umore si guasta. Qualche novità vi attira, e immediatamente dimenticate ciò che tanto vi interessava un attimo prima: in poco tempo questa nuova cosa assorbe il vostro interesse al punto da sommergervi completamente; e d’un tratto voi non la dominate più; siete spariti> vi trovate legati a questa cosa, dissolti in essa; in realtà, è la cosa a dominarvi, a tenervi prigionieri.

Questo smarrimento, questa propensione a lasciarsi dominare è, sotto svariate forme, propria a ciascuno di noi è questo che ci lega e ci impedisce di essere liberi. E, quel che è peggio, questo fatto assorbe tutte le nostre forze e il nostro tempo, e ci toglie ogni possibilità di essere oggettivi e liberi, due qualità essenziali per chi decide di seguire la via della conoscenza di sé. Dobbiamo lottare per liberarci, se vogliamo lottare per conoscerci. Conoscere e sviluppare se stessi costituiscono un impegno così importante e così serio, cui bisogna dedicare uno sforzo così intenso, che assumerselo nel modo solito, in mezzo a tutte le altre cose, è impossibile. L’uomo che si assume questo impegno deve metterlo al primo posto nella propria vita, perché la vita non è così lunga da poterla sprecare in cose inutili. Che cosa permetterà all’uomo di consacrare utilmente il proprio tempo alla ricerca, se non la libertà da ogni attaccamento?

Libertà e serietà. Non la serietà delle sopracciglia aggrottate, delle labbra tirate, dei gesti accuratamente calcolati, delle parole misurate fra i denti, ma la serietà che vuol dire determinazione e perseveranza nella ricerca, intensità e costanza, in modo che l’uomo, anche nei momenti di riposo, persegua il suo obiettivo principale. Chiedetevi: « Sono libero? » Molti saranno tentati di rispondere di sì, se si trovano in una condizione di relativa sicurezza materiale, senza preoccupazioni per il domani, e se non dipendono da nessuno per la propria sussistenza o per la scelta delle proprie condizioni di vita. Ma è quella la libertà? É soltanto una questione di condizioni esteriori?

Hai parecchi soldi, vivi nel lusso e godi del rispetto e della stima generale. Alla testa delle importanti aziende da te controllate si trovano uomini capaci, che ti sono profondamente devoti. In poche parole, la tua vita è un vero letto di rose. Pensi di essere totalmente libero, poiché, dopo tutto, il tuo tempo ti appartiene. Sei un patrono delle arti, dai disposizioni su problemi mondiali sorbendo una tazza di caffè, e ti interessi allo sviluppo dei Poteri spirituali nascosti. Non sei estraneo alle cose spirituali e ti senti a tuo agio di fronte alle questioni filosofiche. Sei colto e istruito. Grazie alle tue conoscenze che coprono i più svariati campi del sapere, hai la reputazione di uomo intelligente in grado di risolvere qualunque problema. Sei il modello dell’uomo raffinato. In breve, sei una persona da invidiare. Questa mattina ti sei svegliato sotto l’influsso di un brutto sogno. Questo leggero malumore è scomparso rapidamente, ma ha lasciato qualche traccia: una specie di lentezza, di esitazione nei movimenti. Vai allo specchio per spazzolarti i capelli e, inavvertitamente, lasci cadere la spazzola. Appena la raccogli, ti sfugge di nuovo. La riprendi con un po’ di impazienza, e per la terza volta ti scivola dalle mani. Cerchi di afferrarla al volo, e invece la mandi a colpire lo specchio. Inutilmente cerchi di fermarla. Crac! Una stella di frammenti compare sullo specchio antico di cui andavi così fiero. Accidenti! I nastri del disappunto cominciano a girare. Hai bisogno di scaricare l’irritazione su qualcuno. Accorgendoti che il tuo domestico si è dimenticato di posare il giornale accanto al caffè del mattino, il vaso trabocca e decidi che quel buono a nulla non può stare più a lungo in casa tua. É venuta l’ora di uscire. Dal momento che è una bella giornata e non hai da fare molta strada, decidi di andare a piedi, mentre l’automobile t’ segue al passo. Il bel sole ti fa un effetto rilassante. Un assembramento formatosi all’angolo della via attira la tua attenzione. Avvicinandoti, scorgi un uomo svenuto sul marciapiede. Con l’aiuto dei passanti, qualcuno lo adagia su un taxi che lo porta all’ospedale. Tu osservi che il viso stranamente familiare del tassista ti ricorda per associazione l’incidente che ti è capitato l’anno scorso. Stavi rientrando a casa dopo aver festeggiato allegramente un anniversario, c’erano dei pasticcini così deliziosi! Quel dannato domestico,dimenticandosi il giornale del mattino, ti ha rovinato la colazione. Non si può rimediare a questo guaio? Dopo tutto, i dolci e il caffè hanno la loro importanza! Eccoti proprio davanti al famoso caffè dove vai ogni tanto con gli amici. Ma perché ti era venuto in mente l’incidente? Hai quasi dimenticato i fastidi della mattinata… E adesso, il dolce e il caffè sono proprio così buoni?
To! Due belle ragazze al tavolo vicino. Che bionda incantevole! Ella ti lancia uno sguardo malizioso e sussurra all’amica: “Ecco il tipo di uomo che mi piace“. Certamente nessun fastidio merita più la tua attenzione, né val la pena di prendersela per delle sciocchezze. C’è bisogno di farti notare com’è cambiato il tuo umore mentre facevi conoscenza con la bella bionda, e come si è mantenuto per tutto il tempo passato in sua compagnia? Ritorni a casa canticchiando un motivetto allegro, e persino lo specchio rotto può solo strapparti un sorriso. Ma… e l’affare per cui eri uscito stamattina? Solo ora te ne sei ricordato… Niente di grave! Dopo tutto, si può sempre telefonare.

Stacchi il ricevitore e la centralinista ti passa un numero sbagliato. Chiami un’altra volta, e l’errore si ripete. Un uomo ti avverte sgarbatamente che lo stai seccando. Tu rispondi che non dipende da te; ne segue una discussione dalla quale apprendi con stupore che sei un cafone, un idiota, e che se chiami ancora… Il tappeto che ti si è arricciato tra i piedi ti esaspera, e dovresti sentire con che tono di voce sgridi il domestico che ti porta una lettera. É la lettera di una persona che tu stimi e la cui opinione ti preme molto. Il contenuto del messaggio è così lusinghiero che la tua irritazione a poco a poco svanisce, per lasciare il posto a quella deliziosa sensazione di imbarazzo che è solita suscitare l’adulazione. Al termine della lettera, sei di ottimo umore. Potrei continuare a lungo a descrivere la vostra giornata, o voi, uomini liberi! Pensate forse che esageri? No, sono dell’istantanee prese dal vivo.

Quella che vi ho raccontato era una giornata di un uomo importante e di fama internazionale, ricostruita e descritta dal medesimo quella sera stessa, come esempio vivente di pensieri e sentimenti associativi. Dov’è allora la libertà, quando le persone e le cose dominano un uomo al punto ch’egli dimentica il suo umore, i suoi affari e se stesso? Un uomo soggetto a cambiamenti del genere è in grado di avere un atteggiamento almeno un po’ serio verso la propria ricerca? Ora siete in grado di capire meglio che un uomo non è necessariamente quel che sembra, e che non sono i fatti esteriori o le situazioni che contano, ma la struttura interna dell’uomo e il suo atteggiamento in rapporto a quei fatti.

Ma forse pensate che quanto abbiamo appena detto sia vero soltanto per le associazioni passeggere. Forse la situazione è diversa rispetto alle cose che l’uomo « conosce». Ma io chiedo a tutti voi: se per qualche motivo vi fosse impossibile mettere in pratica per molti anni le vostre conoscenze, che cosa ne resterebbe? Non sarebbe come avere del materiale che col tempo evapora e diventa secco? Ricordatevi del foglio di carta bianca. É un dato di fatto che nel corso della nostra vita impariamo continuamente delle cose nuove. E chiamiamo « conoscenza » i risultati di questa accumulazione. Ma, a dispetto di tutte queste conoscenze, non siamo spesso lontani dalla vita reale, e quindi disadattati? Noi siamo sviluppati a metà, come i girini, o, più spesso ancora, semplicemente «istruiti», cioè in possesso di frammenti di informazioni su tante cose, ma tutte vaghe e inadeguate. E infatti si tratta soltanto di informazioni: non possiamo chiamarle « conoscenze ». La conoscenza è una proprietà inalienabile dell’uomo, non può essere né più grande né più piccola di lui. Infatti un uomo « conosce » soltanto quando egli stesso « è » quella conoscenza. Quanto alle vostre convinzioni, non le avete mai viste cambiare? Non sono soggette anch’esse a delle oscillazioni, come tutto ciò che è in noi? Non sarebbe più corretto chiamarle opinioni anziché convinzioni, visto che dipendono tanto dal nostro umore che dalle nostre informazioni, o anche, semplicemente, dallo stato della nostra digestione in quel momento?

Ognuno di voi non è che un banale esemplare di automa animato. Probabilmente pensate che, per fare ciò che fate e per vivere come vivete, siano necessari un’«anima» e persino uno «spirito». Ma forse basta una chiavetta per ricaricare la molla del vostro meccanismo. La vostra razione quotidiana di cibo contribuisce a ricaricare questa molla e a rinnovare continuamente l’inutile sarabanda delle vostre associazioni. Da questo sfondo emergono dei pensieri slegati, che voi cercate di connettere insieme presentandoli come preziosi e personali. E, altrettanto, coi sentimenti e le sensazioni passeggere, con gli umori e le esperienze vissute, ci creiamo il miraggio di una vita interiore. Ci vantiamo di essere coscienti, capaci di ragionamento, parliamo di Dio, dell’eternità, della vita eterna, e di argomenti elevati; parliamo di tutto ciò che si può immaginare; discutiamo, definiamo e valutiamo, ma omettiamo di parlare di parlare di noi stessi e del nostro reale valore oggettivo. Infatti siamo tutti convinti che se ci manca qualcosa, possiamo sicuramente acquisirlo. Se con tutte le cose che ho detto sono riuscito a chiarire, anche minimamente, in quale caos vive quest’essere che chiamiamo uomo, voi stessi sarete in grado di trovare una risposta alla domanda di ciò che gli manca, di ciò che può aspettarsi restando com’è, di quali valori può aggiungere al valore che ha.

Ho già detto che certi uomini hanno fame e sete di verità: se un uomo del genere si interroga sui problemi della vita ed è sincero con se stesso, si convincerà presto che non gli è più possibile vivere come ha vissuto, né essere ciò che è stato finora; che ha bisogno a ogni costo di trovate una via d’uscita da questa situazione, e che un uomo può sviluppare dei poteri e delle capacità nascoste soltanto ripulendo la propria macchina da ogni incrostazione accumulata nel corso della vita. Per cominciare razionalmente questa pulita, è necessario vedere ciò che va pulito, dove e come; ma vederlo da sé è quasi impossibile. In questo campo, per cogliere una cosa qualunque, è necessario osservare dall’esterno: ecco perché è indispensabile l’aiuto reciproco.

Se ricordate l’esempio di identificazione che vi ho fatto prima, potrete capire quanto un uomo sia cieco quando si identifica ai propri umori, sentimenti e pensieri. Ma la nostra dipendenza si limita a ciò che possiamo cogliere a prima vista, a ciò che è così evidente che non mancherà di attirare la nostra attenzione? Vi ricordate quanto abbiamo detto circa il modo in cui giudichiamo il carattere delle persone, dividendole arbitrariamente, in buone e cattive?. Man mano che un uomo comincia a conoscersi, scopre continuamente dentro di sé nuove zone di meccanicità, che chiameremo automatismo: zone in cui la sua volontà, il suo « io voglio » non ha alcun potere, e dove tutto è così confuso e sfuggente, che gli è impossibile raccapezzarsi senza essere aiutato e guidato dall’autorità di qualcuno che sa.

Riassumendo, ecco lo stato delle cose per quanto riguarda la conoscenza di sé: per fare, bisogna sapere, ma per sapere, bisogna scoprire come sapere; e questo non possiamo scoprirlo da soli. Ma c è un altro aspetto della ricerca: lo sviluppo di sé. Vediamo un po’ qui come stanno le cose. É chiaro che un uomo, abbandonato a se stesso, non può imparare dal proprio mignolo come sviluppare se stesso, né tanto meno che cosa, precisamente, deve sviluppare. Ma a poco a poco, incontrando persone che cercano, parlandone, leggendo libri sullo sviluppo di sé, viene attratto nell’orbita di questi problemi.

E cosa troverà? In primo luogo un abisso di ciarlataneria spudorata, interamente basata sull’avidità, sul desiderio di rendersi la vita facile, ingannando gli ingenui che cercano di uscire dall’impotenza spirituale. Prima di aver imparato a separare il grano dal loglio, passerà molto tempo, durante il quale il bisogno di scoprire la verità rischia di vacillare e di spegnersi, o di pervertirsi. Privo di fiuto, l’uomo può lasciarsi trascinare in un labirinto che finisce dritto dritto sulle corna del diavolo. Se riesce a tirarsi fuori da questo primo pantano ‘ egli rischia di cadere in una nuova palude, quella della pseudo-conoscenza.

In questo caso la verità gli verrà servita in una forma così vaga e indigesta da dare l’impressione di un delirio patologico. Gli verrà indicato il modo di sviluppare poteri e capacità nascoste che, a condizione di perseverare, gli consentiranno certamente, senza troppi guai, di poter dominare qualsiasi cosa, dalle creature animate alla materia inerte e agli elementi. Tutti questi sistemi, fondati sulle più diverse teorie, sono straordinariamente seducenti, ovviamente proprio per la loro vaghezza. Essi attirano particolarmente le persone « semi-istruite » che hanno un’infarinatura nel campo della conoscenza positivista.

Dal momento che la maggior parte delle questioni studiate dal punto di vista delle teorie occulte o esoteriche oltrepassa i limiti delle nozioni accessibili alla scienza moderna, tali teorie guardano quest’ultima dall’alto in basso: pur riconoscendo i meriti della scienza positiva, ne minimizzano l’importanza e lasciano capire che la scienza è un fallimento, e anche peggio.

A che scopo andare all’università e consumarsi sui testi ufficiali, se teorie di questo genere permettono di disdegnare tutte le altre conoscenze e di pronunciarsi definitivamente su tutte le questioni scientifiche?

Ma lo studio di queste teorie non riesce mai a darci una cosa essenziale: esso, ancor meno della scienza, non genera l’oggettività in materia di conoscenza. Questo studio tende a offuscare il cervello dell’uomo e a ridurre la sua capacità di ragionare e di pensare in modo giusto, col risultato di condurlo alla psicopatia. Ecco l’effetto di queste teorie sull’uomo semi istruito che le scambia per autentiche rivelazioni. D’altra parte, la loro azione non è molto diversa nei confronti di quegli scienziati che sono stati anche minimamente toccati dal veleno dell’insoddisfazione per come vanno le cose. La nostra macchina mentale ha la proprietà di poter essere convinta di qualunque cosa, purché venga sottilmente influenzata nella direzione voluta, in modo ripetuto e persistente. Una cosa che all’inizio può apparire assurda, finirà per sembrare razionale, purché la si ripeta con insistenza e convinzione sufficienti. E mentre un particolare tipo di uomo si limiterà a ripetere le frasi fatte che gli sono rimaste impresse nella mente, un altro cercherà prove e paradossi sofisticati per giustificare le proprie asserzioni. Ma entrambi sono da compiangere nello stesso modo. Tutte queste teorie fanno delle affermazioni che, come i dogmi, non possono essere verificate: in ogni caso, non coi mezzi che abbiamo a disposizione.

A questo punto, al ricercatore verranno suggeriti dei metodi di sviluppo di sé, ritenuti in grado di condurre a uno stato in cui le loro affermazioni possono essere verificate. In linea di principio, non ci sarebbe nulla da ridire. Ma, in realtà, la pratica prolungata di questi metodi rischia di condurre il ricercatore troppo zelante a risultati del tutto spiacevoli. Un uomo che aderisce alle teorie occulte e si crede dotato in questo campo, sarà incapace di resistere alla tentazione di applicare i metodi che ha studiato, cioè passerà dalla teoria alla pratica. Potrà anche agire con prudenza, evitando i metodi che, a suo parere, comportano dei rischi, e scegliendo i mezzi più sicuri e autentici. Potrà anche prenderli in esame con la massima cura. Tuttavia, la tentazione di applicarli e l’insistenza con cui gli sollecitano la necessità di farlo, magnificandogli la natura miracolosa dei risultati e tenendone accuratamente nascosti gli aspetti negativi, tutto ciò porterà quest’uomo a provarli.

Può darsi che, sperimentandoli, scopra dei metodi che sono inoffensivi. Può addirittura trarne dei benefici. Ma, molto spesso, i metodi di sviluppo di sé che vengono proposti alla verifica, sia come mezzi che come fini, sono contraddittori e incomprensibili. Dal momento che questi metodi vanno applicati a una macchina così complessa e mal conosciuta come organismo umano, e coinvolgono contemporaneamente quell’aspetto della nostra vita che gli è intimamente legato, che chiamiamo psichismo, allora il minimo errore di applicazione, la minima inavvertenza, il minimo eccesso di pressione, possono provocare alla macchina danni irreparabili. È già fortunato chi riesce a uscire indenne da questo vespaio!

Purtroppo, la maggior parte di coloro che si dedicano allo sviluppo di poteri e facoltà spirituali terminano la loro carriera in manicomio, oppure si rovinano la salute e la psiche al punto da ridursi a essere dei malati incapaci di adattarsi alla vita. Le loro fila vengono ingrossate da coloro che sono attirati verso lo pseudo occultismo dal fascino del mistero e delle cose miracolose. Ci sono poi degli individui dalla volontà estremamente debole, che sono dei falliti nella vita e che, per certe mire personali, sognano di sviluppare il potere e la capacità di sottomettere gli altri. Infine, ci sono quelli che cercano semplicemente delle novità, che cercano un modo per dimenticare le preoccupazioni o per sottrarsi alla noia della routine quotidiana, così da sfuggire a ogni conflitto.

Man mano che svaniscono le speranze di raggiungere i poteri cui mirano, costoro cadono facilmente in una ciarlataneria più o meno consapevole. Mi ricordo sempre un classico esempio di ricercatore di poteri psichici un uomo agiato, molto istruito, che aveva girato il mondo in cerca di cose miracolose. Alla fine aveva perduto tutti i suoi beni, e nello stesso tempo aveva perduto ogni illusione circa le sue ricerche. Dovendo escogitare nuovi mezzi di sopravvivenza, gli venne in mente di utilizzare la pseudo conoscenza che gli era costata tanti soldi ed energie. Detto e fatto. Scrisse un libro, con uno di quei titoli che spiccano sulle copertine dei libri di occultismo, qualcosa come “Metodo di sviluppo delle forze nascoste dell’uomo”.

L’opera si presentava sotto forma di sette conferenze, e costituiva una breve enciclopedia di metodi segreti per sviluppare il magnetismo, l’ipnotismo, la telepatia, la chiaroveggenza, i viaggi nel mondo astrale, la levitazione, e altre seducenti facoltà. Lanciato con gran pubblicità, questo metodo fu messo in vendita a un prezzo spropositato, ma alla fine veniva concesso uno sconto notevole (fino al 95%) ai clienti più recalcitranti o più parsimoniosi, a patto che ne raccomandassero la lettura agli amici. A causa dell’interesse generale suscitato da tali questioni, il successo superò tutte le aspettative dell’autore.

Ben presto egli cominciò a ricevere numerose lettere di acquirenti che, in termini entusiasti, rispettosi e deferenti, gli si rivolgevano come « Caro Maestro » e « Molto Saggio Iniziatore », esprimendo la loro più profonda riconoscenza per la pregevole esposizione di quelle istruzioni preziosissime, che avevano loro consentito di sviluppare diverse facoltà occulte in modo sorprendentemente rapido.

In breve tempo ne raccolse una bella collezione, e ogni lettera era per lui una sorpresa. Alla fine ne arrivò una con la rivelazione che, grazie al suo metodo, lo scrivente, in meno di un mese, era riuscito a levitare. Egli raggiunse allora il colmo dello stupore.

Ecco le esatte parole che disse in quell’occasione: « Sono stupefatto dell’assurdità di ciò che sta succedendo. lo stesso, che sono l’autore di questo metodo, non ho affatto le idee chiare circa la natura dei fenomeni che insegno. E questi idioti non solo sguazzano in questi discorsi senza capo né coda, ma si industriano persino di cavarne qualcosa. E adesso un super-idiota ha imparato addirittura a volare. Che assurdità… Se ne vada al diavolo! Presto gli metteranno la camicia di forza in piena levitazione, e sarà un bel sollievo. Si vive meglio senza imbecilli del genere tra i piedi ».

Signori occultisti, siete d’accordo con le conclusioni dell’autore di questo manuale di sviluppo psichico? Se si ha questa consapevolezza, allora non è escluso che si possa trovare accidentalmente qualcosa di vero in un’opera del genere, perché spesso un uomo, benché ignorante, è in grado di parlare con singolare correttezza di molte cose, senza nemmeno saperne il motivo. Ma poiché, contemporaneamente, dice un’enormità di sciocchezze, tutte le verità enunciate ne restano completamente sommerse, e risulta praticamente impossibile isolare da quel mucchio di scempiaggini la perla vera.

Voi chiederete: « Come si spiega questo mistero? » Il motivo è semplice. Come ho già detto, noi non abbiamo delle conoscenze che ci appartengano, cioè forniteci dalla vita stessa in modo tale che non ci possano essere sottratte. Tutte le nostre conoscenze non sono altro che semplici informazioni, e possono essere tanto utili quanto inutili. Assorbendole come spugne, noi possiamo facilmente restituirle parlandone con logica e convinzione, pur senza capirci nulla. E con la stessa facilità possiamo perderle, perché non sono nostre, ma sono state riversate dentro di noi come un liquido in un recipiente. Briciole di verità sono sparse dappertutto, e per coloro che sanno e comprendono, è impressionante constatare come la gente viva a contatto con la verità, e tuttavia sia cieca e incapace di penetrarla.

Per l’uomo che cerca la verità, è molto meglio non addentrarsi negli oscuri meandri della stupidità e dell’ignoranza umana, piuttosto che avventurarsi da solo. Infatti, senza le indicazioni di qualcuno che sa, egli può subire a ogni passo una modificazione impercettibile della macchina, che lo obbligherà in seguito a perdere molto più tempo a ripararla di quanto ne abbia impiegato a danneggiarla.

Che pensereste voi di un tipaccio grande e grosso che si presenta come un « essere di dolcezza angelica », aggiungendo che «nessun altro intorno a lui è in grado di giudicare il suo comportamento, dato ch’egli vive su un piano mentale cui le regole della vita psichica non si applicano»? In verità, da molto tempo tale comportamento avrebbe dovuto subire un esame psichiatrico. Questo è l’esempio di un uomo che con coscienza e perseveranza « lavora » su se stesso ogni giorno per delle ore, di un uomo, cioè, che consacra tutti i suoi sforzi ad approfondire e ad aggravare una deformazione psichica ormai così seria che, sono convinto, verrà presto rinchiuso in manicomio.

Potrei citarvi centinaia di esempi di ricerche mal dirette e spiegarvi dove vanno a finire. Potrei farvi i nomi di persone molto note nella vita pubblica, che sono state squilibrate dall’occultismo e vivono in mezzo a noi, sorprendendoci per la loro eccentricità. Potrei dirvi esattamente quale metodo li ha deviati, cioè in quale campo hanno « lavorato » e si sono « sviluppati », e come e perché questi metodi hanno colpito il loro psichismo. Ma questo argomento costituirebbe da solo il tema di una lunga conversazione e, per mancanza di tempo, non mi permetterò di dilungarmici ora.

Più un uomo si rende conto degli ostacoli e degli imbrogli che lo attendono a ogni passo in questo campo, più si convince che è impossibile seguire la via dello sviluppo di sé tramite istruzioni date a caso da persone incontrate per caso, o tramite informazioni raccolte qua e là in letture e conversazioni fortuite.

Contemporaneamente, egli comincia a intravedere, prima come un tenue barlume, poi sempre più chiaramente, la viva luce della verità che non ha mai smesso di illuminare l’umanità attraverso le epoche remote. Le origini dell’iniziazione si perdono nella notte dei tempi. Da un’epoca all’altra si delineano culture e civiltà emerse dalle profondità di culti e misteri che, perpetuamente in trasformazione, compaiono e scompaiono per poi nuovamente riapparire.

La Grande Conoscenza viene trasmessa per successione di era in era, di popolo in popolo, di razza in razza. I grandi centri iniziatici in India, Siria, Egitto, Grecia, rischiarono il mondo di vivida luce. Di generazione in generazione, vengono tramandati con reverenza i nomi venerati dei grandi iniziati, portatori viventi della verità.

La verità, fissata per mezzo di scritti simbolici e di leggende, viene trasmessa alle masse per essere conservata sotto forma di costumi e di cerimonie, di tradizioni orali, di monumenti, di arte sacra, tramite il messaggio segreto della danza, della musica, della scultura e dei vari riti. La stessa verità viene comunicata apertamente, dopo particolari prove, a coloro che la cercano, e viene conservata intatta per trasmissione orale lungo la catena di coloro che sanno.

Ma, dopo un certo tempo, i centri iniziatici si estinguono uno dopo l’altro, e l’antica conoscenza si ritira in fiumi sotterranei, sottraendosi agli occhi dei ricercatori. Anche i portatori di questa conoscenza si nascondono, e pur risultando sconosciuti a coloro che li circondano, non per questo cessano di esistere. Ogni tanto emergono in superficie delle correnti isolate, rivelando che da qualche parte, in profondità, anche ai nostri giorni scorre il possente fiume dell’antica conoscenza dell’essere.

Aprirsi un varco fino a questa corrente, trovarla, ecco l’obiettivo e lo scopo della ricerca; poiché, una volta trovata, un uomo può coraggiosamente affidarsi alla via nella quale si impegna; in seguito, non gli resta che « conoscere » per «essere» e « fare». Su questa via, un uomo non sarà mai completamente solo; nei momenti difficili, riceverà un sostegno e una direzione, perché tutti coloro che seguono questa via sono collegati in una catena ininterrotta. Forse, come unico risultato positivo di tutte le divagazioni nei meandri dell’occultismo l’uomo che cerca potrà sviluppare in sé, a condizione di conservare la capacità di pensare e giudicare correttamente, quella speciale facoltà di discriminazione che si può chiamare fiuto. Quest’uomo respingerà le strade della psicopatia e dell’errore, e cercherà instancabilmente le vie autentiche. E anche qui, come per la conoscenza di sé, il principio che ho già citato resta sovrano: « Per fare, bisogna sapere; ma per sapere, bisogna scoprire come sapere ».

L’uomo che con tutto il proprio essere, con il proprio « io » più profondo, cerca la verità di questo principio, arriva inevitabilmente alla convinzione che per « scoprire come sapere per fare », deve trovare innanzitutto colui dal quale può imparare ciò che significa realmente « fare », cioè una guida illuminata, sperimentata, che comincerà a dirigerlo spiritualmente e diventerà il suo maestro. Ed è qui che il fiuto di un uomo assume tutta la sua importanza, Egli stesso si sceglie una guida. Naturalmente, la condizione indispensabile è di scegliere un uomo che sa; altrimenti tutto il senso della sua scelta è perduto. Chi può dire dove vi può condurre una guida che non sa!

Ogni ricercatore sogna una guida che sa. La sogna, ma è raro che si domandi oggettivamente e sinceramente: « Sono degno di essere guidato? Sono pronto a seguire la via? »

Esci una sera sotto il vasto cielo stellato, alza gli occhi a quei milioni di mondi sopra la tua testa. Forse su ognuno di essi formicolano miliardi di esseri simili a te, persino superiori a, te per costituzione. Guarda la Via Lattea. In quell’infinità, la Terra non può nemmeno essere considerata un granello di sabbia. La Terra vi si dissolve, sparisce, e con essa sparisci anche tu. Dove sei? Chi sei? Cosa vuoi? Dove vuoi andate? L’impresa cui ti stai accingendo non potrebbe essere pura follia? Di fronte a tutti quei mondi, interrogati sui tuoi scopi e le tue speranze, sulle tue intenzioni e i mezzi per realizzarle, su ciò che si può esigere da te, e domandati fino a che punto sei preparato a rispondere. Ti attende un viaggio lungo e difficile; ti stai dirigendo verso un paese strano e sconosciuto. La strada è infinitamente lunga. Non sai se ti potrai riposare, né dove ciò sarà possibile. Devi prevedere il peggio. Devi prendere con te tutto ciò che è necessario per il viaggio. Cerca di non dimenticare nulla, perché poi sarà troppo tardi per rimediare all’errore: non avrai tempo di ritornare a cercare ciò che hai dimenticato. Valuta le tue forze. Sono sufficienti per tutto il viaggio? Quando sarai in grado di partire?

Ricordati che più tempo passerai per strada, più avrai bisogno di portarti delle provviste, cosa che ritarderà ulteriormente la tua marcia, e allungherà pure la durata dei preparativi. E ogni minuto è prezioso. Una volta che ti sei deciso a partire, perché perdere tempo? Non contare sulla possibilità di tornare. Questa esperienza potrebbe costarti carissima. La guida si è impegnata soltanto a condurti alla meta, non è obbligata a riaccompagnarti indietro. Sarai abbandonato a te stesso, e guai a te se ti infiacchisci o perdi la strada, potresti non ritornare mai più. E anche se la trovi, resta il problema: tornerai sano e salvo?

Ogni sorta di disavventure attendono il viaggiatore solitario che non conosce bene la via, né le regole di condotta che essa comporta. Tieni a mente che la tua vista ha la proprietà di presentarti gli oggetti lontani come se fossero vicini. Ingannato dalla prossimità della meta verso cui tendi, abbagliato dalla sua bellezza e non avendo misurato le tue forze, non noterai gli ostacoli sulla via; non vedrai i numerosi fossati che tagliano il sentiero. In mezzo a prati verdi cosparsi di splendidi fiori, l’erba alta nasconde un profondo precipizio. É molto facile inciampare e cadervi dentro, se gli occhi non sono attenti a ogni passo che stai per fare.

Non dimenticarti di concentrare tutta la tua attenzione su ciò che ti sta immediatamente intorno. Non occuparti di mete lontane, se non vuoi cadere nel precipizio. Però non dimenticare il tuo scopo. Ricordatene continuamente e mantieni vivo il desiderio di raggiungerlo, per non perdere la direzione giusta. E una volta partito, stai attento; ciò che hai oltrepassato, resta indietro e non si ripresenterà più: ciò che non osservi sul momento, non lo osserverai mai più. Non essere troppo curioso, e non perdere tempo con ciò che attira la tua attenzione ma non ne vale la pena. Il tempo è prezioso, e non deve essere sprecato per cose che non sono direttamente in relazione con la tua meta. Ricordati dove sei e perché sei lì. Non aver troppa cura di te, e rammenta che nessuno sforzo viene mai fatto invano. E adesso puoi metterti in cammino.



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